Esattamente novant’anni fa, il 9 agosto del 1930, irrompeva in un corto animato di 6 minuti Betty Boop, ammiccante pin-up creata dai fratelli Fleischer. Troppo sexy ed emancipata per non suscitare scandalo nell’America del proibizionismo. La voglio ricordare con alcuni brani tratti dal mio romanzo “Infect@”, primo Urania del mio Ciclo dei +toon, ai tempi opzionato per il cinema, a cui seguì nel 2011 “Toxic@”…
Il suo personaggio deflagra come una bomba nello stantio e puritano mondo dell’animazione, fatto di bambini paffutelli e animali parlanti. Betty Boop è al tempo stesso icona sexy e simbolo della donna emancipata che non esita a frequentare locali equivoci pur di divertirsi e sbarcare il lunario. Nel suo novantesimo compleanno desidero ricordarla con i vari brani che le ho dedicato in “Infect@” (Urania n. 1521, aprile 2007), dove interpreta un ruolo tutt’altro che secondario, in una versione alta come un palazzo di diversi piani che vaga senza meta per le strade di una riconoscibilissima Milano del futuro.
[…] Da quanto ricordava, Betty Boop era una formosa pin-up, sexy e ammiccante, nata nella pudica America del 1930 dalla matita dei fratelli Fleischer, padri anche di Braccio di Ferro, ebrei austriaci emigrati oltreoceano sul finire dell’Ottocento. Occhioni grandi e ingenui in un testone a fagiolo, minigonna da mozzare il fiato, una giarrettiera con il cuoricino sulla coscia sinistra. Un sinuoso cartone in bianco e nero, che muoveva perennemente il gonnellino sulle note del fox-trot. […] (pag. 124)
[…] La piccola e spregiudicata Betty Boop apparve per la prima volta in “Dizzy Dishes”, del 1930, grazie alla matita di Dave e Max Fleischer. A quest’ultimo si deve in particolare l’invenzione, nel 1917, del rotoscopio, apparecchio che segnò una tappa fondamentale nella storia dei cartoni animati. Grazie a quest’aggeggio, infatti, l’animatore poteva disegnare su carta, ricostruendone perfettamente i contorni, la retroproiezione di un’immagine dal vero. La fama dei fratelli Fleischer è però legata alla comparsa sulla scena proprio di Betty Boop, prima femme fatale dei cartoon, ispirata alla celebre cantante Helen Kane, ma anche esplosivo mix tra Betty Grable e Mae West. Testa a fagiolo, occhioni seducenti, gambe perennemente scoperte e ben più di un accenno di tette, Betty Boop divenne presto un’icona sexy, simbolo di donna emancipata che si guadagnava da vivere da sola, cantando il più delle volte in locali esotici. Ovvio quindi che il suo personaggio dovesse prima o poi fare i conti con il puritanesimo emergente nell’America degli anni Trenta. Nonostante il notevole successo, infatti, e una serie di apparizioni in liberi adattamenti di fiabe, film satirici e musicali, la prima autentica femminista della storia dei cartoni animati cadde vittima della censura. La sua serie fu soppressa nel 1939, dopo soli nove anni di vita. Due anni prima, nel ’37, la Walt Disney Productions, già all’avanguardia nell’uso del colore, aveva messo a segno uno dei più strepitosi trionfi della sua ineguagliabile attività, quel Biancaneve e i sette nani che portò alla ribalta una figura di donna che era l’esatta antitesi di Betty Boop: una candida, ingenua e remissiva regina del focolare. […] (pagg. 148-149)
Non ho mai nascosto di essermi preso un’autentica cotta per Betty Boop, tanto che da “Infect@” in poi ho cominciato a collezionare sue miniature un po’ di tutte le taglie. Credo, oltretutto, che mi abbia portato molta fortuna nello scrivere…
Happy Birthday, BB, sei mille volte più fresca, vera e simpatica di tante linde e algide principessine! (nella foto grande la copertina-ombra di “Infect@” disegnata Franco Brambilla).
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