Realizzare o no una mappa di Mondo9? E se sì, come? Dell’intero pianeta o di una zona circoscritta; magari del deserto (uno tra i tanti), nel quale è ambientata gran parte delle storie della saga? Inevitabile interpellare lettori e fan. Lo strumento, i social ovvio, nella fattispecie Facebook, com’era già accaduto per il nome di un paio di navi: la Yarissa (gemella della Miserable), presente nelle “Cronache di Mondo9 (Millemondi 72, 2015) e la Pertinace, comparsa sia in “Naila di Mondo9”, uscito per Oscar Fantastica Mondadori nel settembre 2018, sia soprattutto in “Mya di Mondo9”, pubblicato come Speciale celebrativo dei 70 anni di Urania nel luglio del 2022.
La domanda è semplicissima: sì o no? Perché nella fantasy cartine e mappe sono prassi consolidata, ma nella fantascienza lo sono assai di meno; anzi – a dirla tutta – non compaiono quasi mai. Il riscontro è sorprendente, arrivano oltre cento risposte con tanto di commenti; la maggioranza per il sì è schiacciante (85%). I pochi che si pronunciano contro spiegano che preferiscono affidare alla loro immaginazione geografia, distanze e morfologia, e che se cartina sarà (fermo restando che il “format” di un Oscar non prevede comunque disegni) loro la salteranno a piè pari, e amici come prima.
Che fare quindi? Da dove cominciare a mappare un mondo che è solo nella testa del suo autore e che come unità di misura usa soltanto parole, frasi e pagine? Ma certo: dai cosiddetti “punti d’interesse”, secondo la terminologia dei navigatori satellitari di oggi. E quale “punto d’interesse” potrebbe essere più… interessante di Mecharatt “La Lurida”, l’immensa megalopoli ai margini del deserto, la più estesa e popolosa di tutto Mondo9, crogiolo di genti e colori, dove tutto scotta, abbaglia ed emana fumo nero? Tra metallo rovente, concrezioni di ruggine, altiforni, rotaie, vapore e fuliggine. Uno skyline di torri, ciminiere, gru, fari e minareti…
A Franco Brambilla, come capitolato minimo, fornisco le pagine del romanzo che la descrivono e di cui riporto qui qualche breve estratto. Il resto spetta a lui. Tempo una settimana, e i primi bozzetti in bianco e nero sono pronti. “La Lurida” prende forma: è una conchiglia, una rosa dei venti, una spirale, un fiore, una galassia, un labirinto, ma soprattutto un nove speculare…
Franco con le matite e io con le parole l’abbiamo messa lì dove il lettore la troverà, adagiata ai confini del nulla. Immaginate una Venezia forgiata nel metallo e irraggiata da un sole implacabile dall’alba al tramonto, con i canali che serpeggiano nella sabbia anziché nell’acqua di laguna. Immaginate i titani a ruote che s’incuneano fra le dimore senzienti dei quartieri mechardionici, le urla dei venditori e le imprecazioni dei portuali proferite in lingue sconosciute, il fetore di sporcizia, il sudore, i versi di animali mai visti, gli aromi di terre lontanissime, i rumori di un porto che non chiude occhio…
«Mecharatt era una megalopoli immensa, un caotico agglomerato di vele, ruggine e metallo che si estendeva su un’area di circa 580 miglia quadrate. Uno sfregio al deserto, una ferita purulenta, con moli, darsene, gru e banchine disseminati lungo tutto il suo perimetro, sebbene i porti principali fossero quattro, uno per ogni punta della rosa dei venti. E poi c’erano i canali di sabbia, un intricato reticolo che si addentrava sino al cuore del borgo vecchio; ma soprattutto un fitto arcipelago di isolotti su ruote che si muovevano sospinti dal vento, portandosi appresso il loro codazzo di navi al guinzaglio.
Ognuno di questi quartieri-satellite inalberava un complicato sistema di vele che lo faceva muovere in tondo attorno alla città, come una sentinella in ronda. Ed era un’enclave a sé stante, con tanto di faro notturno, banchine d’attracco, cantiere di riparazione, magazzini ricambi e di stoccaggio, vetreria, mercato del pesce, gru e paranchi per il carico e lo scarico delle merci. In previsione delle tempeste di sabbia più violente gli isolotti ammainavano la velatura e venivano ancorati al nucleo principale di Mecharatt da titaniche catene, in modo che la furia del vento non li strappasse dalla loro orbita spingendoli alla deriva nel deserto.
In tutto, le isole superstiti erano nove – grandi quanto piccoli villaggi di pescatori – e potevano offrire servigi e riparo per una trentina di navi ciascuna: mezza dozzina di grosso cabotaggio e le altre più piccole. Dei sedici originari, cinque isolotti erano andati persi nel corso di due furibonde burrasche e un sesto aveva scelto deliberatamente lo status di nave, per cui era stato adattato in cantiere alla navigazione d’altura e aveva preso il largo con il nome di Afritania».
Ogni tanto un quartiere collassa, si accartoccia su se stesso, sprofonda sotto i moli sospesi e allora gli uomini scendono nella sabbia a recuperarne i pezzi per farne altro, magari una nave…
Mecharatt “La Lurida” è protagonista schiamazzante di tutti i libri di Mondo9, presenza imprescindibile di ogni partenza e di ogni ormeggio…
5 gennaio 2018 at 20:47
Ah, questa sì che è una vera chicca: finalmente un’anticipazione vera e propria di Naila di Mondo9. Anch’io che mi ero espressa a sfavore delle mappe, ora devo capitolare di fronte a queste meraviglie! Grazie Dario, grazie Franco e grazie alla Mondadori per aver concesso queste righe che mi lasciano però l’acquolina in bocca!
5 gennaio 2018 at 21:34
Grazie Debora, Mecharatt ci ha un po’ preso la mano, dici? Ma Franco e io siamo fatti così…
13 settembre 2018 at 23:10
Complimenti per l’idea originalissima!!! Appena iniziato a leggere il tuo libro…per cui…mi sto addentrando a poco a poco nel ‘selvaggio’ mondo di…Mondo9 !!! 🙂 Con calma…ma arriverò anch’io un giorno a Mecharatt !!!